Dalle terre di Robour, avevo spesso sentito parlare della regione del Citaderba, che nel dialetto locale significa "Grande lago". Spinto dalla curiosita' mi spinsi a nord, ed ancora a nord alla ricerca di questo leggendario lago. Molte tremende traversie attraversai, ed avventure che meriterebbero di essere cantate dai bardi e dai giullari! Anni ed anni, gli anni migliori della mia vita, la mia giovinezza, spesi alla ricerca di questo luogo di mistero, tanto che piu' volte maledissi me stesso per quella mia sciocca curiosita'.

Ma che vuoi, ogni uomo ha bisogno di un grande mito, di una saggia filosofia, di una vera religione per vivere. Quale essa sia non importa, dipende dal caso e dai gusti. Intanto l'uomo non la seguira' mai, perso nei bisogni di tutti i giorni; dove andare a dormire, dove trovare il mangiare, come giungere a quella citta', come trovare un lavoro o un amore. Ma ha bisogno di quel punto di riferimento, di un appiglio per non naufragare in quell'enorme fiume che e' il tempo. E ricorda bene, caro Tommaso, il tempo non ha memoria.

Il mio mito era quel lago, e per anni ed anni vagai alla sua ricerca. Quando oramai mi ero messo il cuore in pace, e credevo che esso fosse solo una chimera, una credenza popolare, ecco, allora giunsi al Grande Lago. Non so dirti con precisione dove esso sia, visto che da parecchio tempo avevo perso ogni punto di riferimento e vivevo alla giornata, trafficando in Kabash, con una carovana di gente pallida, e dalla lingua dura e incomprensibile. Quando lo vidi chiesi ai miei compagni, con i quali comunicavo a gesti e tramite alcune parole del loro dialetto che avevo a stento imparato;"Proskhe Citaderba esk?". Loro si misero a ridere nel loro rozzo modo e mi risposero:"Seekderb dumm!".

Seekderb doveva essere il nome del lago nel loro dialetto, che poi storpiato era giunto fino alle terre di Robour. "Dumm" nel loro dialetto significa "stupido".

Nella valle scorreva un fiume impetuoso, grande e lucente come mai ne avevo visti, e questo fiume terminava la sua corsa, con una cascatella, in un grosso lago, grande e bellissimo. Ma man mano che mi avvicinavo la mia gioia ed il mio stupore aumentavano e -lo ammetto- alcune lacrime solcarono le rughe del mio volto. La terra non lambiva il lago. A qualche centinaia di metri di distanza dal lago la strada proseguiva scendendo al di sotto del lago.

Grossi ponti univano la terraferma al lago stesso. I miei compagni di viaggio ridevano tra di loro nell'osservare la mia espressione di stupore: mai avevo visto nulla del genere. Scendendo sotto il lago alzai lo sguardo e vidi l'immagine del sole, filtrata dall'acqua, che riluceva. Vidi alcuni pesci guizzare sopra la mia testa, e vidi il fondo di alcune chiatte che navigavano tranquille. Davanti a me, si apriva una piccola cittadina, che era stata interamente costruita al di sotto del lago.

Dopo aver lasciato i puledri che avevamo cavalcato fin li', e dopo aver trattato la vendita della droga, lasciai i miei compagni per osservare meglio quella meraviglia. Per tutta la giornata camminai al di sotto di quella massa d'acqua, che invero mi intimoriva parecchio, fino a concludere che in nessun punto l'acqua toccava terra. L'unico modo di andare sul lago era appunto quello di servirsi dei ponti costruiti dagli indigeni.

La piccola citta', seppi mentre domandavo intorno, si chiamava Unterseekrhiftall che nella loro scomoda lingua vuol dire "sotto il lago di cristallo" o qualcosa del genere. Mentre giravo ebbi modo di assistere ad una bizzarro modo di procacciarsi il cibo.

[CONTINUA]